Afghanistan, un sogno interrotto.
“Sono tornati a volare gli aquiloni in questo venerdì di ramadan, sulla collina che domina Kabul.
La cantilena del Muezzin ricorda a tutti l’ora della preghiera.
Sono trascorsi 19 anni dal momento in cui il primo aquilone, su questa stessa radura, riprese il suo volo rincorso da un bambino.
I talebani li avevano proibiti, come tante altre attività ludiche censurate in nome di una morale religiosa che nutriva il loro fanatismo ed il loro potere.
La libertà di tornare a volare con i triangoli di carta è una delle rare conquiste visibili che questa guerra di liberazione è riuscita a regalare alla popolazione afgana.
Eppure, le promesse di allora urlate al mondo, recitavano tante buone intenzioni rimaste tali.
Qualcuna si è persa per distrazione, altre sacrificate ad interessi e convenienze.
Per chi è costretto a vivere un quotidiano avaro di speranze concrete, in un luogo senza apparente identità, fatica a riconoscersi in quelle promesse che avrebbero dovuto regalare democrazia, progresso e pace stabile. In sostanza, la certezza di una vita meno complicata.
Il centro di Kabul sta cambiando solo per la novità di un centro commerciale e per nuove palazzine pretenziose, del tutto estranee al paesaggio urbano.
Il resto sono check-points militari e barriere di cemento armato a proteggere ambasciate ed obiettivi sensibili dalla furia dei martiri con la vocazione al sacrificio allenato nelle madrasse.
Attentati kamikaze, rapimenti, strade insicure, sono gli ingredienti di un quotidiano ancora difficile.
Nel frattempo le forze militari internazionali (ISAF) hanno saggiato gli armamenti più sofisticati e stanato i terroristi alzando il bilancio delle vittime civili con numeri a più zeri….come risultato di una “ bonifica “ di cui si avvantaggia l’odiato nemico. Una riflessione a parte meritano le conseguenze meno note, dovute agli esodi dai villaggi, l’esposizione a malattie che non possono essere curate perché lontani dei centri di salute, l’aumento esponenziale di una criminalità figlia del conflitto.
Sullo sfondo, sopravvive una popolazione che viene periodicamente spogliata, violentata e sfruttata dal signore di turno.
I talebani stanno riconquistando territori e consensi da una popolazione stremata da 40 anni di guerra ininterrotta. Il grande gioco vede la Russia protagonista indiretta e che non ha mai abbandonato l’idea di un Afghanistan complice ed alleato, che favorisca l’espansionismo in quell’area dell’Asia Centrale.
Dall’altra parte un occidente che protegge i propri interessi strategici, economici e geopolitici, sostenendo governi fragili e corrotti.
Il tutto alimentato da un mercato, sempre più fiorente, della droga e che vede l’eroina al primo posto nelle esportazioni. Oggi copre l’80% del PIL nazionale. Ovviamente il mercato delle armi ne ha un vantaggio straordinario e arricchisce i signori della guerra ed i loro eserciti personali.
In Afghanistan circola un detto che dice “ chi non muore di guerra, muore di droga “. Una nuova generazione si sta distruggendo con la siringa nel braccio, per sfuggire ad un quotidiano che promette solo insicurezza e disoccupazione.
Dal 1979, anno dell’invasione sovietica, l’Afghanistan non ha vissuto un giorno di pace. Signori della guerra, dell’oppio e delle greggi hanno tenuto il paese sotto scacco con i loro eserciti personali e alleanze continuamente cambiate a secondo delle convenienze politiche del momento. Come si può vivere senza futuro? Come si può desiderare quotidiani meno complicati quando scuole, istituzioni, rapporti sociali sono improntati all’insicurezza di ogni giorno?
Non bastano i paesaggi potenti che l’Afghanistan offre, la sua storia antica, i villaggi incastonati tra montagne infinite e la gentilezza atavica dei suoi abitanti…che ti accolgono nelle loro case e ti offrono una rosa quando decidi di ripartire, come augurio di buon viaggio.”
Ugo Panella